Immagina una studentessa delle scuole superiori, Anna. È sempre stata una ragazza solare e brillante, ma negli ultimi mesi qualcosa è cambiato. Ha smesso di partecipare alle attività scolastiche, evita le amiche con cui condivideva tutto e trascorre le pause sola, con lo sguardo fisso sul telefono, quasi fosse un’ancora di salvezza. Ma non lo è. Quello schermo che sembra il suo rifugio è in realtà la sua prigione.
Anna è vittima di un fenomeno tanto subdolo quanto pericoloso: il cyberbullismo silenzioso. A differenza del bullismo tradizionale, che spesso si manifesta con insulti diretti, spinte nei corridoi o prese in giro davanti a tutti, il bullismo digitale agisce nell’ombra. Si insinua nella vita delle vittime con commenti passivo-aggressivi, esclusione dai gruppi social, dicerie diffuse con un semplice clic e un continuo senso di ansia ogni volta che una notifica illumina lo schermo. Il dolore è reale, ma invisibile agli occhi di chi non sa guardare.
Il problema principale è che molte delle vittime non parlano. Per paura di peggiorare la situazione, per vergogna o semplicemente perché credono che nessuno possa davvero aiutarle. I genitori spesso non comprendono fino in fondo il peso che le interazioni online hanno sulla vita dei giovani, e anche gli insegnanti, nonostante la loro attenzione, non sempre hanno gli strumenti giusti per intercettare i segnali e intervenire in modo efficace.
Ma allora, come possiamo rompere questo muro di silenzio? Come possiamo garantire che i ragazzi come Anna non si sentano soli nella loro battaglia?
Esistono strategie e percorsi formativi che possono fornire agli educatori, ai docenti e ai genitori gli strumenti necessari per individuare e affrontare questi fenomeni. Uno di questi è il corso “Identificare, prevenire e gestire fenomeni di bullismo e cyberbullismo“, promosso da Fondazione Carolina in collaborazione con Mediation A.R.R.C.A. Un’opportunità per comprendere a fondo la realtà del bullismo digitale, riconoscere i segnali di pericolo e costruire ambienti scolastici e familiari più sicuri.
Perché il primo passo per combattere il bullismo invisibile è renderlo visibile.